Matteo Di Piazza, fin dal suo approdo in Puglia, è stato determinante. Prima con la maglia del Foggia, dove ha contribuito con le sue reti alla promozione dei satanelli in Serie B dopo diciannove anni; poi con quella del Lecce, con cui ha segnato nove gol nelle prime otto partite ufficiali giocate con la maglia giallorossa.

Decisivo e trascinatore fino a metà dicembre. Poi l’infortunio che lo costringe a tornare in campo circa un mese dopo, nel match-clou contro il Catania: entra a gara in corso e sigla la rete del definitivo 1-1, importantissima per il morale e soprattutto per la classifica. Da quel momento in poi, però, Liverani lo fa partire quasi sempre dalla panchina. Uno strano cambio di rotta, come se il tecnico ritenesse Di Piazza un’arma letale da giocare quando la benzina degli avversari sta per finire.

Proprio lui, che per mesi ha sovrastato i difensori avversari e trascinato a suon di gol i salentini. Nel 2018 vanta solo due presenze da titolare su undici sfide disputate; per il resto, in media, gioca una trentina di minuti a partita. E allora, in un Paese in cui spesso tifosi e giornalisti vengono accusati di essere “tutti allenatori”, sorge spontaneo chiedersi come mai un calciatore come Di Piazza (titolare giovedì contro la Fidelis Andria ed in gol) parta sempre dalla panchina.

Sezione: Focus / Data: Lun 26 marzo 2018 alle 09:00
Autore: Dennis Magrì / Twitter: @MagriDen
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