Quattro partite e venti giorni sono bastati a Vincenzo Vivarini per rivoltare come un calzino il Bari. La brutta squadra di una stagione vincente (in D) e di un avvio di campionato deludente (quello di quest’anno) è soltanto un ricordo. Dalle difficoltà contro avversari modesti alla Ternana (prima della classe), rivoltata come un calzino, il passo è così breve nel tempo e lungo nei risultati da rendere evidente quanto il problema dei biancorossi, in questo primo scorcio di Serie C, fosse di manico, ma probabilmente anche di spogliatoio. Ci sarà stata differenza tra la soddisfazione di Vivarini dopo il 2-0 alle Fare, e quella del suo predecessore Cornacchini dopo la brutta vittoria col Rieti. Talmente in contrasto con una partita mal giocata e vinta all’ultimo respiro, da lasciare basiti diversi giocatori, che negli spogliatoi si saranno probabilmente chiesti se non fosse tutto uno scherzo, sentirsi dire bravi per una gara del genere, contro un avversario che a oggi ha fatto 2 punti in 9 giornate.

D’altro canto, da queste parti non crediamo alle squadre che giocano contro i propri allenatori. Però vedere gli stessi calciatori, a due settimane di distanza, completamente rivitalizzati, qualche dubbio lo fa venire, è inevitabile. Come diceva qualcuno: a pensare male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca. Silurato Cornacchini, per responsabilità che possiamo definire sue e altre che (oseremmo dire) con tutta probabilità la squadra condivide, sta a quest’ultima far durare la luna di miele che si vive a Bari in questo primo periodo di Vivarini. Perché l’allenatore può anche provare a fare la differenza, ma poi in campo vanno in undici (sedici, ormai) e nei novanta minuti tocca a loro dimostrare che, a prescindere dall’allenatore, giocano per il Bari e per riportare in alto Bari. 

Sezione: L'editoriale / Data: Gio 17 ottobre 2019 alle 00:20
Autore: Ivan Cardia
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