Igor Protti e Bari: la storia di un calcio autentico, che verrà raccontata in un cortometraggio dedicato all'attaccante nativo di Rimini.
Intervistato da Il Nuovo Quotidiano di Puglia, lo "Zar" parla dell'idea alla base del documentario:
"La proposta mi è arrivata da alcuni ragazzi di Livorno, che hanno seguito una parte della mia carriera. Erano rimasti colpiti dal fatto che, girando l'Italia, quando dicevano di essere livornesi, veniva fuori il mio nome. Mi hanno detto di aver notato l'affetto della gente per me. Ho accettato con un'idea ben precisa: non voglio un tributo ai miei anni da calciatore, ma un messaggio per i giovani. Io ho avuto un percorso a ostacoli, complicato, ho vissuto tanti momenti difficili. Ma ho lavorato al massimo e sono arrivato a essere capocannoniere in A. Voglio dire questo ai giovani: nel lavoro o nello sport, anche con mille difficoltà, con passione e amore si arriva ai risultati. O, quantomeno, si vive meglio."
Capocannoniere della Serie A nel 1996, a pari merito con Signori, ma il Bari retrocesse. È un record.
"In quel momento non mi sono goduto la vittoria della classifica cannonieri, anche se ho avuto la percezione che tutta Bari volesse vedermi vincere quella classifica. C’erano 40.000 tifosi nell'ultima partita contro la Juventus e noi eravamo già retrocessi. Sono orgoglioso di condividere questo traguardo con la città di Bari. È un record, e se nessuno ci è riuscito, vuol dire che è stato eccezionale. Ma condivido il merito con la città di Bari, che amo ancora oggi, e alla quale torno sempre con piacere."
La classifica cannonieri del 1996: Protti, Signori, Chiesa, Batistuta, Branca, Bierhoff. Era un altro calcio, migliore di quello attuale?
"E non solo, continuo oltre la classifica: c’erano anche Weah, Del Piero, Totti, Baggio, Balbo. Era un campionato pazzesco. Gli anni Novanta sono stati un periodo felice per il nostro calcio: le squadre italiane dominavano in Europa, i calciatori più importanti volevano giocare qui. A distanza di trent'anni, il calcio è cambiato, ma anche la vita. Quello di oggi è un calcio diverso, io sono un romantico e ho vissuto quel calcio romantico, che preferisco a quello di oggi."
Livorno, Bari, Messina: ha amato ed è stato amato da tre città diverse. Cos'hanno in comune? E come ha fatto a conquistarle tutte?
"Sono tutte città di mare, con caratteristiche molto simili. Credo ci sia un filo rosso comune: il legame tra la città e la squadra, la passione dei tifosi. La gente, quando mi vedeva giocare, capiva che non giocavo da professionista, ma da tifoso. Ero tifoso di tutte le squadre di cui ho vestito la maglia. Un gol era un momento di gioia condiviso con tutta la piazza. Credo che questo sia arrivato alla gente: ero un tifoso in campo. Mi sono sentito anche un ultras, in alcuni momenti. Ero tifoso prima di diventare calciatore e lo sono rimasto di ogni maglia che ho indossato."
Il docufilm verrà girato anche a Bari. C’è un posto che le è rimasto dentro?
"La città è cambiata tanto rispetto a quando ci ho vissuto. E penso a Bari Vecchia, ad esempio. Il lungomare mi piace tanto. Però il posto a cui sono più legato non può che essere lo stadio San Nicola. Lo sento come casa mia, già guardarlo da fuori mi fa brillare gli occhi, soprattutto di sera. E, secondo me, è lo stadio più bello d'Italia."
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