È ufficiale: il Matera non parteciperà al prossimo campionato di Serie D. Una notizia che pesa come un macigno sulla storia calcistica della città e che segna l’epilogo amaro di una stagione segnata da polemiche, solitudini dirigenziali e promesse mancate. A commentare, con amarezza ma anche con il desiderio di chiarire la sua posizione, è il presidente uscente Stefano Tosoni, che racconta i retroscena di una vicenda che ha avuto ben più di un ostacolo sportivo.

“Non me lo aspettavo, sinceramente. Ho provato in tutti i modi a salvare la squadra”, esordisce Tosoni. Ma i primi segnali di tempesta risalgono già a dicembre, quando – a suo dire – cominciarono i problemi legati non tanto alla gestione quanto alla credibilità. “La vecchia proprietà, nella persona dell’avvocato Petraglia, ha cominciato a ostacolarmi apertamente, mettendomi alla gogna pubblica. Oggi quella persona è destinata ad affrontare un processo per truffa e diffamazione tramite social, ma intanto il danno mediatico era stato fatto.”

Da lì, una vera escalation: contestazioni crescenti, isolamento all’interno della dirigenza, l’allontanamento del socio per timore delle conseguenze legali e, soprattutto, una città sempre più distante. “Avevo chiesto aiuto già a gennaio a Battiluomo, vicepresidente, e a Gianni Santi, socio di minoranza. Chiesi di fare fronte comune, ma nessuno si è fatto avanti.”

Qualche imprenditore si è affacciato, ma senza reale intenzione o possibilità di incidere. “La Smetix, ad esempio, si era detta pronta a entrare, aveva fatto anche una conferenza stampa, ma alla fine si è rivelato che non avevano fondi per sostenere la società.” E poi l’episodio con Brancaccio, definito dallo stesso Tosoni “un sedicente salvatore della patria”. “Mi ha mandato una lettera di intenti da uno studio legale inesistente e un avvocato che non figura nemmeno all’albo. Gli avevo chiesto 200.000 euro per rilevare la società, con disponibilità a cedere la presidenza dal 31 luglio. È sparito anche lui.”

A pesare ulteriormente, l’atteggiamento dell’opinione pubblica e di una parte del tessuto cittadino. “La città, o meglio una certa parte di essa, mi ha boicottato. Mi ha massacrato, ostacolato in ogni tentativo di trovare sponsor e sostenitori. Ma non si può fare calcio se il presidente deve essere l’unico a mettere soldi. Il calcio si fa con il contributo di tutti, con passione, con unione.”

Oggi, Matera si risveglia senza una squadra nel massimo campionato dilettantistico. Le colpe? Come sempre, distribuite su più fronti. Ma ciò che resta, al di là delle dichiarazioni e delle polemiche, è una città privata del suo simbolo sportivo, e una ferita profonda difficile da rimarginare.

Sezione: Serie D / Data: Mar 22 luglio 2025 alle 10:08
Autore: Christian Cesario / Twitter: @otherside1993
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