Vivere di Lecce non è semplice. I tifosi a queste latitudini hanno le caratteristiche dei supporter sudamericani. Il calcio, questo sport bello e maledetto, viene vissuto con passione e a tratti con follia. La partita di ieri contro il Venezia è l’emblema di tutto ciò. Siamo agli sgoccioli di una stagione partita male, proseguita con affanno ma con qualche eccesso di euforia, giunta in una lotta tra poveri. Non si intende dal punto di vista economico, anche se il Lecce sarebbe in cima alla classifica, bensì sotto il piano qualitativo.
Le squadre che lottano per non retrocedere regalano al calcio un livello basso e dobbiamo farcene una ragione. Non manca la voglia, per carità. Mancano i fondamentali che permettano a chi osserva di assistere ad un vero spettacolo. Lo scontro che hanno regalato Lecce e Venezia è praticamente la sintesi della sintesi della sintesi del gioco del calcio. Eppure, al termine della gara, bisogna applaudire. Perché nonostante gli errori, i misunderstanding, la difficoltà negli appoggi, la poca lucidità nella costruzione dell’azione, entrambe le squadre hanno corso come dannate.
I calciatori hanno dato tutto senza risparmiarsi mai. Pensate che il vantaggio l’ha regalato il Lecce. Un autogol a tratti sfortunato condito da una dose di poca intenzione e concentrazione. Eppure i giallorossi, nel momento in cui lo stadio aveva deciso di tifare contemporaneamente per tutte le compagini della Serie A tranne che per il Lecce, hanno lottato per salvare una stagione. Attenzione perché il concetto deve essere chiaro. Non aver perso permette alla squadra di boccheggiare ancora. Una sconfitta avrebbe determinato un dramma senza fine. Un risultato tragico con un epilogo scontato. E poi non dimentichiamo che nella pochezza offensiva, con una difesa divenuta seconda e prima punta, parliamo di Gaspar e Baschirotto, si stava per compiere un miracolo. Radu ha strappato dalla mente dei presenti la gioia di un gol storico. Non stiamo dimenticando l’occasione di N’Dri, ci mancherebbe. Ma l’azione dei difensori avrebbe avuto un significato diverso. Una risposta sul campo alle statistiche della stagione in corso.
Al triplice fischio, non si può dire nulla alla squadra. I ragazzi hanno lottato e provato. Manca la qualità, sì. Ma è un problema generalizzato. Una tragica espressione di un movimento calcistico sempre più basso. Non ci danniamo se non va in scena uno spettacolo di calcio. Abituiamoci alla lotta, alla corsa e agli errori. Si salverà la squadra che sbaglierà meno delle altre.
Autore: Stefano Sozzo / Twitter: @stesozzo
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