Intervenuto ai microfoni di TMW Radio, Andrea Grammatica, direttore sportivo del Team Altamura ha tracciato un bliancio del campionato disputato dai murgiani, analizzando le sorti del club a 360 gradi. L'intervista integrale all'uomo mercato dei biancorossi.
Direttore, partiamo dalla fine: i playoff di Serie C. Da talent scout ed esperto del settore, cosa l’ha colpita in queste prime fasi?
"L’Atalanta è ormai una certezza. A me ha colpito molto la Giana, che aveva già dato segnali importanti nel finale di stagione. Hanno fatto un percorso straordinario con un allenatore che stimo molto, sia sul piano umano che tattico. Alcuni giocatori che avevano dalla Serie D sono cresciuti e si sono dimostrati competitivi anche in C. Le altre squadre sono state conferme dei valori già visti durante il campionato. Mi aspettavo qualcosa in più dal Crotone, ma ha incontrato il Vicenza, che resta per me la favorita. In generale, nessuna sorpresa eclatante, ma il piacere di vedere in campo giovani già pronti per fare il salto di categoria".
In questi playoff si parla spesso del tema “riposo sì o no” tra la fine della stagione e l’inizio degli spareggi. Lei come si schiera?
"Credo che il riposo sia soprattutto un fattore mentale. Quando non c’è la partita, come nelle pause per le Nazionali, manca l’adrenalina, la sfida. Però io preferisco arrivare secondo o terzo, fermarmi qualche giorno in più e avere il vantaggio del campo e del risultato. Certo, stacchi un po’ la spina, ma la classifica non mente quasi mai. È così anche in Serie B. Preferisco essere terzo o quarto piuttosto che nelle ultime due posizioni, dove devi sempre vincere fuori casa".
L'Audace Cerignola è arrivato fino alle semifinali playoff. Se l’aspettava?
"Sinceramente sì. Avevano costruito una squadra per stare nei primi posti. All’inizio era difficile pensare che Catania, Trapani e Foggia avrebbero faticato così tanto, ma la Città di Cerignola è una società strutturata, con un progetto condiviso e un mercato mirato a gennaio. Mi ha colpito soprattutto l’aspetto caratteriale: una squadra forte mentalmente, con una precisa identità tattica. Hanno giocatori di qualità e una grande tenuta nervosa in gara".
Quest’anno per la prima volta ci sono state tre seconde squadre nei tre gironi. Che idea si è fatto di questo progetto?
"Onestamente non credo che l’obiettivo delle seconde squadre sia quello di valorizzare i giovani italiani. Credo che servano piuttosto a far crescere più rapidamente i ragazzi in un campionato vero, diverso dalla Primavera. Ci sono pochi giovani italiani che escono davvero da questi progetti. Leggevo una statistica: solo il 30-35% sono italiani, il resto sono stranieri. Bisognerebbe intervenire prima, già nei settori giovanili: Under 16, Under 17. Ci sono troppe squadre Primavera piene di stranieri. Non dico che non si producano talenti, ma spesso è più conveniente per un operatore prendere un ragazzo straniero piuttosto che puntare su un italiano. Servirebbero vincoli, incentivi e una regolamentazione più strutturata. Però, ripeto, il progetto Under 23 non nasce per la Nazionale, ma per i club".
Avete chiuso una stagione molto positiva, al primo anno in categoria dopo trent’anni. Che bilancio fa?
"Siamo molto soddisfatti. Eravamo partiti con grosse difficoltà: una matricola, senza stadio e campo di allenamento a disposizione, con la società che ha dovuto sostenere spese importanti per giocare a Bari. Abbiamo avuto quattro sconfitte di fila iniziali, ma poi ci siamo salvati con largo anticipo, praticamente a marzo. Il gruppo ha lavorato bene: mister, staff, giocatori, società. Abbiamo valorizzato giovani, due dei quali hanno avuto richieste importanti a gennaio. Non li abbiamo ceduti, ma siamo convinti che faranno il salto di categoria. Il bilancio è più che positivo".
Parliamo del futuro. A che punto è il restyling dello stadio? E sulla conferma di Di Donato in panchina?
"Spero che non ci siano problemi né per l’agibilità dello stadio né per la gestione tecnica. Sarebbe un danno, tecnico ed economico. Con il mister ci siamo già incontrati per gettare le basi di un possibile rinnovo. Al momento, però, la società è concentrata sull’iscrizione, visto che quest’anno ci sono passaggi più severi. Stiamo aspettando un segnale per vederci di nuovo e capire se ci sono le condizioni per continuare insieme".
Infine, si parla molto dell’introduzione del “VAR a chiamata” in Serie C, come strumento per avvicinare la categoria ai professionisti. Lei è favorevole?
"Purtroppo — e so di essere una voce fuori dal coro — io non sono favorevole al VAR. Sono un tradizionalista, preferisco l’errore umano. Non credo nella malafede degli arbitri. Se sbagliano, mi arrabbio, ma poi mi passa. Il VAR aggiunge confusione, tempi morti, troppi giudici e troppa tecnologia che comunque dipende sempre dall’uomo. Capisco gli interessi economici e le motivazioni, ma per me toglie passione. Non mi piace non poter esultare subito per un gol, dover aspettare il responso. Questo raffreddamento emotivo, questa meccanicità, mi allontanano dal calcio".
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