Per capire meglio una parte della situazione attuale del Bari è bene fare un ripasso su quelli che sono stati gli accadimenti del passato: ben prima dei De Laurentiis ma soprattutto dopo la tristemente 'celebre' retrocessione dalla Serie A. Quando si pensava di aver toccato il fondo sotto l'aspetto sportivo e morale, senza sapere che - invece - tempi ancor più bui ancora attendevano le sorti del club biancorosso. A volte succede che la parola speranza faccia rima con illusione. Un concetto che è riassumibile con una data: 20 maggio 2014.
Giorni, anzi mesi caldi, quelli. In cui il Bari aspettava una svolta sul piano societario. C'era da voltare pagina dopo gli ultimi tristi anni dei Matarrese, non più in grado di gestire il club come in passato ed in difficoltà. Dopo la retrocessione ed il calcioscommesse aveva fatto seguito il 7 marzo precedente il fallimento pilotato coi libri in tribunale. Col San Nicola che si era svuotato, per poi riprendere a riempirsi e far riempire il petto d'orgoglio. Si sognava in grande, si sognava addirittura l'Europa oltre alla Serie A. A cercare di tradurre queste aspirazioni in realtà ci provò Gianluca Paparesta, ex arbitro di calcio ma che comunque mai aveva fatto mancare un pensiero sul Bari, anche una volta diventato opinionista televisivo. Rilevò il Bari dal fallimento pilotato, aggiudicandosi l'asta al termine di un testa a testa con Cipollone, rappresentante dell'imprenditore Becchetti. Una scommessa intrigante ed affascinante ma anche allo stesso tempo rischiosa, senza una solidità alle spalle ed una visione quantomeno a medio termine, con programmazione. Rumors dell'epoca chiacchieravano interessi da Russia, India, Turchia e chi più ne ha più ne metta. Ma la realtà, alla fine, fu ben diversa e dopo un primo entusiasmo i mesi successivi (e soprattutto gli anni) hanno pian piano smontato sogni ed illusioni. Con alcune scelte sul piano tecnico, gestionale e sportivo che certamente non hanno contribuito a migliorare la situazione.
Paparesta ci ha provato, senz'altro in buona fede e mettendoci passione. Ma non è bastato, per i motivi di cui sopra. Al netto dell'assurda vicenda Noordin, è sempre emerso un triste dato: il Bari non ha mai fatto, almeno in apparenza, gola a nessuno. Mai nessuno che abbia provato veramente a renderlo grande o a strutturare seriamente il club. I motivi? Molteplici. Il resto é storia: Giancaspro, il secondo fallimento e soprattutto la multiproprietà dei De Laurentiis. Un circolo rivelatosi alla lunga vizioso e fastidioso, con programmi ben poco chiari ed un valore societario tutt'altro che chiaro, ammesso che il club sia davvero in vendita. Al netto di una Serie A mancata per soli 120 secondi, c'è ora l'incubo di un ritorno in C. Ma anche se fosse salvezza in B, cosa ci sarebbe da festeggiare? Ripensare a dieci anni fa ed alle illusioni di allora e scontrarsi con la realtà attuale e col vissuto degli ultimi anni mette profonda amarezza. E sembra un tunnel da cui Bari ed il Bari sembra proprio non riuscire ad emergere.
"Senza i Matarrese il grande calcio a Bari è finito" fu tempo addietro la sentenza di alcuni. Alla luce della cronistoria degli ultimi dieci anni queste parole suonano come maledizione. E, purtroppo, corrispondono maledettamente al vero tra playoff persi tra B e C, immense delusioni, figuracce, E nel frattempo vedere realtà di provincia, anche insolita, affacciarsi alla A molto di più dei biancorossi. Un blasone che dal 2001 ad oggi è stato ripetutamente sfregiato: nel famoso anno del passaggio di Cassano dal Bari alla Roma, il Bari contava 28 campionati di A e 31 di B, oltre agli 8 di C. Adesso i campionati di A sono 30, quelli di B ben 48 (in caso di salvezza 49) e in C siamo arrivati ad 11 (forse 12). Cosi quella biancorossa è diventata una nobile decaduta.
E' la sconfitta di una città, di un intero territorio (e se vogliamo tessuto imprenditoriale) che non è riuscito a prendere in mano la situazione, rimettersi in discussione, impostare un progetto dalle fondamenta. Demandando sempre ad altri anziché evitare di aspettare fallimenti e ripartenze dal basso. Perché intervenire prima ed evitare catastrofi è stato possibile eccome.Tutto il contrario di ciò che invece sta succedendo a Lecce, dove ora si pianifica anche un centro sportivo. Parola, questa, che a Bari è letteralmente sconosciuta. Al di là di come andrà a finire il playout contro la Ternana, la piazza barese deve farsi un esame di coscienza. E se ne è capace tirare fuori l'orgoglio. Perché andare avanti cosi non si può più.
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