Tanto rumore per (quasi) nulla. Chi si aspettava grosse novità dalla conferenza stampa di Luigi De Laurentiis è rimasto inevitabilmente deluso. E forse anche un po' sfiduciato. Più che novità, la poco più di un'ora in cui il presidente si è concesso ai giornalisti è servita forse più a rimarcare le differenze in essere tra quello che la piazza vorrebbe e quello che, al contrario, vorrebbe la società. Modi, tempi, traguardi e metodi completamente diversi. La distanza è enorme e, quattro mesi dopo l'ultimo punto stampa, confermata.
La multiproprietà, prima di tutto. Se per i tifosi è un male da estirpare, per la società invece rimane una battaglia da portare a termine. 'Il 2025 può essere portatore di novità, c'è fermento', le ultime parole famose pronunciate. Ovvero la possibilità di poter controllare due squadre da parte di una stessa società, anche all'interno di una stessa nazionale. Di esempi, si è sostenuto, ce ne sono tanti in tutto il mondo. E' vero, ma questo avviene tra squadre appartenenti a paesi diversi. Ed è qui che dissentiamo dal pensiero societario: non si può fare di tutta l'erba un fascio, non si deve soprattutto. Anche perché Bari e Napoli ad oggi condividono un caso unico in tutta Europa. E che non permette ai biancorossi neppure di poter essere in Serie A con la stessa società. Ma ammesso e non concesso (è improbabile, mentre scriviamo) ci sia una liberalizzazione, non sarebbe sgradevole essere comunque l'altra squadra di qualcuno? Quale credibilità potrebbe avere una partita nel corso di uno stesso campionato? Qualcuno potrà obiettare: e le coppe europee, tra un Salisburgo e un Lipsia? Trattasi in questo caso di gara secca e soprattutto di un incrocio che il calendario certamente non prevede per forza di cose. E nel frattempo, in attesa del 2025 o addirittura dell'attuale scadenza del 2028, che si fa? A cosa si ambisce? Ed è qui che la sensazione di essere 'ingabbiati' e di essere entrati in un vicolo cieco comprensibilmente si rafforza.
Non aiuta nemmeno la questione degli obiettivi. Certo, a parole è stato detto che l'obiettivo resta quello dei playoff e che, qualora ci si finisca dentro, bisognerà puntare a vincerli. Non a (soltanto) partecipare. Ma perché questo avvenga (o possa avvenire) devono esserci basi concrete. Tradotto: 3-4 innesti di spessore, in ogni reparto. A prescindere da quello che sarà il comportamento della squadra da qui al 29 dicembre. Perché arrivare ottavi non è come arrivare terzi, quarti, o addirittura quinti. Al di sotto di queste posizioni - lo dice la storia degli spareggi - salvo rare eccezioni (Sampdoria nel 2012 unica vincitrice, finaliste Frosinone nel 2020, Carpi nel 2017 e Pescara nel 2015, un po' poco in venti annate, dodici delle quali con la formula allargata) i playoff diventano un semplice atto di presenza e nulla più. Cosi come non è accettabile il non pensare, anche solo lontanamente, al mercato di gennaio. Se arrivasse mai la A? 'Ci sarebbe qualcuno, il problema sarebbe solo mio'. Eh no, non è vero neanche questo: la società è privata, ma il bene è pubblico. In gioco ci sono le sorti di una piazza intera e la questione societaria non si risolverebbe mai in un battito di ciglia. L'esempio lampante è la Salernitana: valutata tantissimo e venduta a pochissimo (dieci milioni, le richieste iniziali dai sessanta in su), con metà campionato vissuto in apnea. Non il massimo della programmazione, perché i miracoli poi non riescono sempre sul campo (vedi salvezza successiva per il rotto della cuffia). E Al Sabah? 'Non c'è mai stato nulla, solo soap opera'. Con la controparte che non rilascia dichiarazioni. E va beh, passano gli anni, passano le società ma la musica non cambia mai... tuttavia pretendere 'offerte poderose' per un club in B, con pochi giocatori di proprietà (e senza fuoriclasse da plusvalenze milionarie, ma buoni mestieranti) e senza un centro sportivo è nella migliore delle ipotesi utopistico. Non siamo, purtroppo da questo punto di vista, in Inghilterra.
E ancora: il Bari in perdita. E cosa farne, allora, di una società in perdita e dire che allo stesso tempo non c'è l'obbligo di mettere il cartello 'vendesi'? Per non parlare delle differenze enormi con Napoli: categorie diverse, portafogli diversi. Perché a Bari deve andar bene la filastrocca della sostenibilità. ma la sostenibilità, senza investimenti strategici e pesanti, non porta vittorie. E, se vogliamo dirla tutta, anche lo scudetto sotto il Vesuvio è arrivato più per annate storte altrui che per spese faraoniche. Certo, il resto lo ha fatto anche la bravura di Spalletti, che ha amalgamato al meglio un gruppo che aveva il quinto monte ingaggi del campionato e alcune ottime individualità. Ma questa è l'eccezione, non la regola.
Il tempo passa e attualmente la Serie A manca da tredici anni. In caso di mancata promozione anche nel 2025, se tutto andasse bene nel 2026 ne saranno passati quindici: come nel periodo 1970-1985, distanza record nella storia del club biancorosso. Un'onta che si spera possa essere evitata. Ma perché questo possa accadere servono o un cambio di passo di gestione o un 'miracolo sportivo' della squadra, leggermente meglio del 2022/23. 'Non c'è altra strada', commenterebbe proprio l'attuale ct della Nazionale.
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