Due vittorie di fila e una rinascita improvvisa da parte di un Nardò che si appresta ad affrontare la trasferta di Aversa con una gran foga ed una motivazione altissima. Noi di TUTTOcalcioPUGLIA.com abbiamo avuto modo di parlare con Francesco De Giorgi, uno dei protagonisti di questo cammino in ascesa della squadra neretina.
Domenica scorsa è arrivato, contro il Casarano, il secondo successo di fila dei neretini. Come reputa l'attuale andamento della squadra? È in linea con le aspettative?
“Io non ho mai nascosto che una squadra del genere al completo secondo me si può togliere delle grosse soddisfazioni. Abbiamo avuto un avvio un po’ in difficoltà per quanto riguarda le assenze, ci sono state delle partite che abbiamo perso per delle sciocchezze e per tanta sfortuna, ma ci sono state anche partite in cui se fossimo stati al completo, ad esempio con il Picerno, non avremmo mai perso 3-0. Questa è una squadra che può togliersi tante soddisfazioni e con la rosa al completo può ambire ad arrivare al quinto o al sesto posto. Il nostro organico è un mix di giovani, promettenti e forti under, ed over esperti, e chi non è esperto ha comunque sempre giocato a livello di questa categoria e può fare tanto in un contesto come questo di Nardò”.
Merito anche di una società che in un periodo difficile ha voluto cimentarsi sul mercato.
“In un momento di difficoltà hanno pensato che comunque c’erano delle lacune da colmare, senza nulla togliere agli altri ragazzi. Sono arrivati degli acquisti importanti, basti pensare ad Antonio Sepe che ha giocato gli ultimi anni in C, e ad Erik Tönros, un giocatore che nessuno conosceva ma a cui va dato grande merito alla società per quanto ha fatto vedere in campo e per quanto può fare”.
Siete pronti per il prossimo match contro il Real Aversa? Cosa ne pensa di questo gruppo squadra?
“Si, siamo pronti, abbiamo tutti a disposizione ad eccezione di Trinchera e Granado che sono sulla via del recupero e presto torneranno al 100%. Siamo carichi, siamo un gruppo legato sotto il punto di vista umano, siamo molto uniti e coesi anche nei momenti di difficoltà, anche perché non è facile scendere in campo con 0 o 3 punti e con tante sconfitte alle spalle. Nardò non è una piazza molto semplice da giocare, anche se manca il tifo ti devi portare tutto il peso sulla maglia. Siamo pronti a questa trasferta a mio avviso molto insidiosa, giocare in terra campana non è mai facile”.
Aggiungerei che tutto il girone H della Serie D è molto insidioso.
“Si, penso che il girone H e il girone I per certi versi equivalgano alla Serie C, soltanto che in C trovi Ternana, Bari, Catania, Catanzaro e altre squadre che sono due spanne sopra le altre. Ci sono tanti giocatori di Serie D, anche qua a Nardò, che potrebbero tranquillamente fare la C, ma che per alcuni meccanismi non possono fare il salto di qualità. Però il girone H va per nominata che è uno dei peggiori, se non il peggiore, della Serie D, per intensità, agonismo, cattiveria e gioco.
Quanto è difficile per voi calciatori giocare convivendo con questo virus?
“In me personalmente, avendo due bambine a casa, c’è un po di paura. Andare a giocare domenica ad Aversa vado perché è questione di lavoro, anche se è un po’ diverso rispetto a quello che fanno i medici e gli infermieri che mettono a repentaglio la loro vita. Domenica può succedere di tutto, io potrei anche morire domani mattina, l’importante è che non succeda niente alle bambine, non vorrei riportare una possibile positività dentro casa”.
Sul fronte stadi, invece, quanto è brutto giocare a porte chiuse?
“Le partite a porte chiuse sono una delle cose più brutte che possa esserci. Lo stadio è bello, noi abbiamo fatto solo la partita contro la Puteolana con circa 500 persone e con tutta la gente che gridava, credimi, è un'emozione totalmente diversa di giocare con questo silenzio. Questo non è calcio, se il tifo si chiama dodicesimo uomo in campo c’è un motivo”.
Cosa l’ha spinta a ritornare a Nardò?
“Mi ha spinto il fatto che arrivati al 8 settembre, avendo due bambine a casa, non potevo più aspettare le chiamate delle varie piazze di C. Sinceramente avrei voluto mantenere la categoria, ma non volevo allontanarmi molto di casa perché mi era nata la bambina da pochi mesi e , a dire il vero, comunque non è che si stava muovendo granché. Poi è arrivata la proposta del Nardò, abbiamo trovato un accordo economico, la società mi voleva fortemente e si è concretizzato il mio ritorno. A mio parere è meglio lavorare in una piazza dove le persone ti vogliono veramente che nelle piazze dove ti vedono come un pacco regalo. Sono rimasto un po amareggiato perché dopo 10 anni in Serie C sono tornato da dove tutto è partito, ma è stata una scelta mia, ho messo da parte l’orgoglio e ho dato priorità alla famiglie, anche perché comunque qui mi trovo bene”.
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