Mirko Giacobbe, capitano del Manfredonia, atteso domenica alle 16 dalla sfida playout sul campo dell'Ugento, si è raccontato in un'intervista esclusiva al Corriere dello Sport. L'intervista integrale.
Giacobbe, ma cosa ci fa una squadra come il Manfredonia ai playout?
«Non lo so, me lo chiedo da tempo e una risposta, ancora, non l'ho trovata. Siamo partiti con ben altri obiettivi facendo leva sulla base della passata stagione, eppure sin da subito la nostra annata è stata turbolenta. L'esonero di mister Cinque non ha giovato all'ambiente, anche perché neppure con Panarelli si è registrata la svolta. Con il ritorno di Cinque e i cambi nel mercato di dicembre ci siamo ritrovati, anche se ci è voluto un po di tempo. Ora siamo qui, all'ultimo atto, pronti a dare tutto e, soprattutto, a vincere».
Dentro o fuori, il leitmotiv che ha contraddistinto la vostra stagione.
«Sì, ma questo è un playout e non hai, eventualmente, prove d'appello se dovesse andare male. Purtroppo, a un certo punto, la lunga rincorsa ci ha logorato. Avremo tutti gli effettivi a disposizione a eccezione di Montinaro: ce la giochiamo».
È fondamentale che voi, leader dello spogliatoio, trascinate la squadra
«In partite così sì, sta a noi trascinare anche i più giovani facendo capire loro quanto conti anche un pizzico di incoscienza. Conta la testa, anche più delle gambe. Dobbiamo provare a chiudere il discorso già nei 90».
Di fronte l'Ugento, squadra insidiosa sì, ma decimata dalle squalifiche.
«Proveremo ad approfittarne, non lo neghiamo. E l'Ugento, però, già in campionato ci ha messo abbastanza in difficoltà: sono un gruppo fastidioso, tra l'altro ben allenato da un tecnico che ha concetti e idee di gioco propositivi».
Giacobbe, come vive l'ambiente Manfredonia questa finale? Sentite il supporto?
«Si, quello non è mai mancato. Purtroppo, avremmo potuto fare di più quantomeno per giocare il playout in casa: abbiamo pagato a caro prezzo le ultime partite e qualche pareggio di troppo annesso, come ad esempio quello contro la Palmese e ancora di più contro il Brindisi al Miramare. La sconfitta di Martina fa poco testo perché molti titolari, diffidati, sono rimasti in panchina per evitare squalifiche in vista dei playout. Ora, però, dobbiamo regalare alla nostra gente questa soddisfazione».
Da capitano e uomo spogliato-io, cosa si sente di promettere in vista di domenica?
«Per me questa è la partita della vita. Sono a Manfredonia da due anni, conosco ormai tutto di questa città e anche la mia famiglia sta bene ogni volta che viene a trovarmi. Io ci credo fortemente, al pari di tutti i miei compagni: dobbiamo rimanere in D. L'unica cosa che sento di promettere è il massimo impegno, per tutto il resto ci sarà tempo».
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