Bari ha uno bellissimo stadio che però è un rudere. Bari ha uno stadio enorme, che può ospitare quasi sessantamila persone. Un sesto della città. Un’enormità, per la storia calcistica del Bari. Di cui la città non ha colpe, perché il San Nicola è stato costruito in un’altra epoca del nostro calcio, nella quale tutto sembrava bello e i soldi sembravano infiniti. E l’importante era fare grandi opere, un opulento biglietto da visita per gli amici degli amici, senza considerare che il fallimento di Italia ’90, a livello di strutture, era già scritto nel modo assurdo in cui gli stadi di Italia ’90 sono stati costruiti.

Bari non ha colpe, se quella cattedrale nel nulla è destinata a essere quasi sempre semivuota, perché è uno stadio senza senso. Che la tifoseria non ha mai davvero amato fino in fondo. E infatti sei giorni su sette la zona diventa un ricettacolo di tutto quel che Bari non vorrebbe vedere e far vedere, preferirebbe nascondere sotto il tappeto. Non è una colpa non arrivare a sessantamila presenze ogni domenica: non ci arriva nessuno in Italia, figuriamoci in Serie C. Sugli abbonati, però, ha ragione Luigi De Laurentiis. E Bari, intesa come tifoseria, deve fare pace con la sua storia recente.

Settemila tessere sono nulla, in confronto a quel che Bari può offrire, ha promesso di offrire alla famiglia De Laurentiis. E passi lo scoramento di dover giocare in una categoria che coi biancorossi non ha nulla a che fare. Però, e chi scrive è sempre stato critico nei confronti dell’arrivo dei De Laurentiis, a questi ultimi va riconosciuto che hanno fatto il massimo. Hanno costruito una rosa che forse non gioca (ancora?) benissimo, ma andrà in Serie B se non commetterà errori catastrofici. Hanno portato giocatori da Serie A. Rifondato una squadra che va supportata dai suoi tifosi.

Gli stessi che hanno attaccato per anni la famiglia Matarrese, e poi si sono ritrovati a vivere i tragicomici anni di Paparesta e Giancaspro. Del malese Noordin Datò. Che sono del Bari seguaci, ma aspettano la Serie A per dimostrarlo. Bari in A era uno spettacolo, in campo e sulle curve. Nelle categorie inferiori è comprensibile che l’afflusso sia inferiore. È logico che una ferita sia ancora aperta, non sia del tutto rimarginata. Però, dopo l’onta della Serie D, questa è la stagione in cui il calcio a Bari può davvero rinascere. Per dimostrare ai De Laurentiis che hanno fatto bene a investire sui Galletti. Per dimostrare a sé stessi che il Bari si può amare e seguire a prescindere dalla categoria. Per ora, sarà il caldo, sarà che ad agosto la città va al mare, la risposta non è arrivata. Domenica si gioca in casa: il San Nicola sarà brutto, malandato, da demolire. Ma è la prima occasione per dimostrare che Bari è Bari, e non una città di terza serie. Che qualcosa si è rotto, ma si può aggiustare. Che i tifosi del Bari possono essere dodicesimo, tredicesimo e anche quattordicesimo uomo. E far impallidire il resto della compagnia, che con Bari non c’entra nulla.

Sezione: L'editoriale / Data: Gio 29 agosto 2019 alle 01:20
Autore: Ivan Cardia
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