Beppe Scienza è così come si vede. Sfortunatamente, anche per motivi legati ai chilometri, non l’ho vissuto nel quotidiano, domenica dopo domenica. Nonostante questo, quando possibile, qualche domanda gliel’ho posta, tramite l’ufficio stampa. Perché risponde in maniera schietta e sincera. È un buono, puro nell’animo. Chi lo conosce bene, me lo ha descritto impulsivo perché passionale. In questi anni ho imparato a conoscerlo, l’ultima volta l’ho incontrato dopo Virtus Francavilla-Monopoli: complimenti all’avversario, bastone e carota per i suoi. E una richiesta ai giornalisti presenti, quella di salutargli Trocini qualora non lo avesse incontrato. Pochi minuti dopo andrà ad abbracciarlo, fuori dalla sala stampa.

Mai banale nelle conferenze stampa, si percepisce dalle sue parole e dal modo di esprimersi che è uno che di calcio ne capisce. Per come ha fatto giocare il Monopoli lo scorso anno, per i concetti che vuole imprimere alla sua squadra, per come ha cambiato volto ai suoi - con opportuni rinforzi - nel 2021. 

E contro il Palermo, nei secondi finali di partita, le lacrime. Dopo il periodo più buio: il Covid, una squadra decimata dal virus. E quei pochi a disposizione con l’elmetto a lottare, nonostante qualcuno fosse risultato da poco negativo. “Chi scenderà in campo lo farà per amore della città - ha detto alla vigilia - ci sarebbe servita almeno un’altra settimana di lavoro. La nostra salute non viene tutelata”. 

Un uomo vero, Scienza: gliel'ho detto e scritto più volte. E quelle lacrime rappresentano l’orgoglio di un allenatore, di un padre calcistico che ha visto i suoi figli spingere il cuore oltre l’ostacolo. Di una persona onesta e perbene, lodato nei confronti di un gruppo di ragazzi la cui testa era ovunque in questo momento, tranne che al calcio. E che hanno vinto, anche solo scendendo in campo.

Sezione: L'editoriale / Data: Gio 08 aprile 2021 alle 00:01
Autore: Dennis Magrì / Twitter: @magriden
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