Progetto tecnico fallito dopo undici giornate, nonostante un avvio importante. E alla fine paga Olivieri, il tecnico, così come avviene nel 90% dei casi. La società gli aveva già dato fiducia nelle ultime settimane, due partite per svoltare, il punto di Sorrento, come un lampo di luce nel buio più nero che si sarebbe manifestato in tutta la sua durezza nel ko contro la Gelbison. A posteriori è facile, ma più di qualcosa, dopo le prime giornate, non ha funzionato. Un pizzico di disordine tattico, i tanti infortuni e anche una cattiveria, al di là delle dichiarazioni di facciata, perduta, smarrita proprio quando invece avrebbe potuto essere il corollario a una risalita. La Gelbison ha passeggiato sulle macerie di un Brindisi tenuto in piedi dalla buona volontà di Ancora, Marino e del baby Boccadamo, sempre propositivo. Troppo poco. La confusione tattica è venuta fuori con un 3-5-2 che ha permesso ai biancazzurri di rischiare poco in due partite ma senza creare tanto e senza mai trovare la rete. Oltre 300 minuti di digiuno, con Ancora soffocato nel ruolo di seconda punta e Tourè che, seppur volenteroso, ha mostrato qualche limite in area di rigore. Questione di ruolo, probabilmente. Gli infortuni hanno pesato, l'avvio di stagione, quando la macchina perfetta del Brindisi viaggiava con il 4-3-3, è lontano, adesso sembra persino lontanissimo. C'è da lavorare, e tanto, per vedere la luce in fondo al tunnel. C'è da ripartire da quelle sicurezze, poche e nemmeno così evidenti, viste nelle ultime settimane. Paga Olivieri, l'uomo della promozione in D tramite i playoff nazionali, paga un rapporto per tanti versi saturo, e non è un mistero, oltre che i risultati e la crisi esplosa con l'arrivo timido di un autunno caldo. Il Brindisi cambia, riparte, dalle proprie certezze, forse nascoste, ma non così deboli come si è visto nelle ultime settimane. Eccola, forse, la colpa più grande. 

Sezione: L'editoriale / Data: Lun 11 novembre 2019 alle 15:22
Autore: Giuseppe Andriani / Twitter: @peppeandriani
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